“Spero, stasera, di avervi lasciato un po’ del mio sapore di sale, grazie Cremona!”: così Luca Ravenna, comico milanese classe 1987, ha salutato il divertito pubblico del teatro Ponchielli dopo aver portato sul palcoscenico il suo spettacolo “Red Sox”.
Dopo anni di gavetta nel mondo della stand up comedy italiana, l’esperienza nella prima stagione di LoL e l’affermazione artistica ricevuta dal suo precedente tour “568”, il comico “meneghino naturalizzato romano” sta riscuotendo grande successo in tutte le città e teatri italiani, collezionando sold out uno dietro l’altro: il nuovo tour “Red Sox”, del cui titolo non è ancora stato svelato il significato per scaramanzia, ha avuto inizio nella stagione invernale per poi riprendere da febbraio fino al termine di aprile. Dal nord, passando per il centro, fino ad arrivare al sud le battute pungenti e le descrizioni dettagliate di Ravenna hanno conquistato i sorrisi di tutti.
Mercoledì 3 aprile, infatti, il prestigioso teatro Ponchielli, palcoscenico di grandi opere di lirica e di composizione musicale e artistica, ha mostrato una nuova sfumatura di sé, ha dato spazio alla sua versione più da “locale intimo/bar”, soprattutto per le risate fragorose e gli applausi squillanti che hanno alzato i decibel durante tutta la serata: mancava solo una pinta di birra ad accompagnare e il quadro sarebbe stato completo. Il palco è minimal, semplice, spoglio: uno sgabello, due bottigliette d’acqua e un microfono, quanto basta per dare il via alla magia.
Ad aprire le danze è stato in realtà Alessandro Verdicchio, comico padovano, precisamente di Abano Terme, con un piccolo intervento che come un antipasto ha preparato il palato per la portata principale del menù. Luca Ravenna è poi salito in cattedra con la sua solita umile nonchalance, ma anche con la consapevolezza di essere “il divo dei Flixbus”: l’apparente timidezza lo trasforma in un sicuro e preciso animale da palcoscenico che per più di un’ora e mezza intrattiene, imita, racconta e si fa ascoltare con piacere “non come i giornalisti italiani o le domande retoriche dei papà”.
L’amore e il romanticismo percepiti da un trentaseienne diventano l’albero maestro dal quale si diramano tanti spunti interessanti: le scintille invidiabili dei primi giovani amori, il racconto della prima storica e, purtroppo, indimenticabile defaillance, i rapporti con la polizia soprattutto dopo una serata “brava”, oppure con gli addetti alla telefonia baresi, un pizzico di politica e una riflessione legata all’ambiente e alle misure prese ultimamente dai giovani ambientalisti con le relative conseguenze.
Altro punto focale dello spettacolo lo ha il racconto del suo “American Dream” e del rapporto con gli Stati Uniti, di alcune problematiche riscontrate con le usanze d’Oltreoceano più tipiche come l’impossibilità di introdurre le armi nei teatri (“nella platea non si può, ma nei corridoi non c’è problema”), o la difficoltà per un italiano di fare stand up comedy in inglese in America. Imitazioni, vocine, metafore e similitudini molto particolari arricchiscono il monologo che dà spazio anche ai silenzi causati da un siparietto improvvisato con il pubblico e da momenti più familiari, come la descrizione dell’amore e odio con il fratello e collaboratore Matteo, oppure dal saluto alla signora Antonella presente in sala, amica della madre del comico e co-protagonista di una delle storie raccontate.
Forse la stazza e l’importanza del teatro disperdono quello che è il rapporto stretto con il pubblico, la timidezza negli occhi di coloro che vengono interpellati e il gioco di domande e risposte, a cui il monologhista è tanto legato, però allo stesso tempo questa maggiore distanza ha reso la performance ancora più indelebile e dinamica: una vera “Real Experience italiana” come direbbe il comico. Questa serata per qualcuno probabilmente è stata una liberazione, per qualcuno un “regalo”, per qualcuno un semplice momento di divertimento o magari un momento di riflessione, per Ravenna sicuramente una serata di grande successo e per Cremona una serata d’amore sincero e passionale che forse è terminata senza che neanche ce ne accorgessimo, “come quando da bambini soffi via la polvere dai mobili della casa in montagna e la vedi fluttuare leggera attraverso un fascio di luce che entra dalla finestra prima che sparisca completamente”.