7 Dicembre 2024
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di PATRIZIO PAVESI - Un'idea di "mettersi in proprio" nata al bar dell'Ikea davanti a uno spritz (non da assemblare con le brugole, tutto fatto dagli svedesi), per riprendere un progetto che rischiava di finire in un cassetto: un giornale fatto dai giovani per i giovani, per farli innamorare dell'informazione

Mi capita ciclicamente di intercettare sul social che usano solo gli over 30 i post di un mio vecchio amico, genio della scacchiera trasudante passione grigiorossa, che snocciola gli ultimi dati di vendita dei quotidiani. Corriere, Stampa, Repubblica, ma anche Gazzetta dello Sport e quotidiani d’area…nessuno riesce a scrollarsi di dosso il segno meno, che di mese in mese, di anno in anno, erode le copie di ogni testata. I suoi post sono di solito accompagnati dalla fotografia di un’edicola chiusa, come sempre più spesso vediamo nelle nostre città, e si aprono sempre con questa frase: “Adesso scriverò qualcosa che farà arrabbiare i meno giovani”…e ci riesce benissimo! Certo, io non gli do pubblica soddisfazione, ma mi si torcono le budella e mi si contraggono i dotti lacrimali a pensare che lui e i suoi maledetti numeri hanno ragione.

Poi penso alle mie classi, quelle in cui ho insegnato negli ultimi anni, e al primo giorno di scuola. Le presentazioni dei ragazzi, ciao da dove vieni, che sport fai, hai fratelli e sorelle, qual è la tua materia preferita, ecc. Poi tocca a me: sono il prof di italiano e storia, ho un multiplo dei vostri anni, ho fatto il giornalista per tanto tempo…chi di voi legge il giornale? E a casa lo legge qualcuno?

Le risposte affermative, ad ogni inizio di anno scolastico, sono sempre meno: non è un dato statistico, lo so, ma la percezione è spessa e concreta.

Meno copie vendute in edicola significa meno soldi per il settore dell’editoria, ma quello che addolora (verbo scelto con criterio) è che meno copie nelle case e nelle mani dei lettori sono a mio parere un danno incalcolabile per la società. Sono convinto che, nonostante le sue pecche clamorose e una credibilità che ha contribuito da solo a minare, il giornalismo ha ancora una funzione sociale intrinseca di cui abbiamo bisogno. Tremendamente bisogno.

Ma se nessuno legge più”, domanderebbe con cinismo il mio amico, “se i tg della tv generalista sono visti sempre meno, se nel settore dell’editoria non gira nemmeno un soldo…perché aprire un nuovo giornale?”.

Credo sia “l’istinto del salmone” (cioè, ce l’ha anche la trota, ma concedetemi la metafora con un pesce più “nobile”). Quando arriva a una certa età, il salmone sente l’impulso di dover partire per un lungo viaggio che inizia dal mare, un cammino faticoso fatto tutto controcorrente. Risale i fiumi, incrociando altri pesci che beati e ignari seguono la corrente. Nuota, salta e evita gli orsi che se lo vogliono mangiare fino a raggiungere il posto che percepisce come giusto per sé, dove verranno depositate le uova e dove la sua specie troverà continuità e futuro. Ha seguito la sua natura, che gli dice che serve fatica per costruire qualcosa di buono, che a volte bisogna andare nel verso opposto a quello della massa per trovare la propria dimensione. E da quel luogo, senza malinconia, il salmone non se ne andrà più, perché ormai la sua missione di vita è compiuta.

È “l’istinto del salmone“, che sente l’impulso di dover partire per un viaggio lungo e faticoso, fino al posto che percepisce come giusto per sé, dove verranno depositate le uova e dove la sua specie troverà continuità e futuro

E allora anche noi, novelli salmoni di pianura, proviamo a compiere la nostra “missione”: avvicinare i giovani al giornalismo, insegnare loro quanto è importante informarsi e quanto lo è informare bene gli altri. Lo facciamo con un giornale per il quale abbiamo scelto un nome evocativo per tutti noi che siamo stati studenti: un nome legato alla scuola, che è il bacino a cui ci rivolgiamo per trovare lettori e collaboratori; un nome legato ad un momento di stacco, fuori dalle lezioni e prima degli impegni del pomeriggio; il nome di un spazio e di un tempo che meritano di essere riempiti con qualcosa di positivo, di costruttivo, che i ragazzi possono vivere nel loro tempo non scolastico.

All’interno di questo giornale i collaboratori potranno imparare le basi di un mestiere affascinante, sperimentare cosa sia la realtà del lavoro, confrontarsi con ambiti con cui hanno poca dimestichezza e con il mondo adulto, alla ricerca di informazioni e del modo migliore per trasmetterle. Quella de “L’Ora Buca” è una proposta formativa sul piano professionale (la scrittura, il web, la tv, la radio…), ma soprattutto dal punto di vista umano: è un’esperienza di lavoro e insieme un assaggio di vita “da grandi”.

Dietro questa testata c’è un’idea ampia che oggi muove soltanto il primo passo, sorretta da un’associazione composta di persone di valore che credono nel progetto e che ci tengo particolarmente a ringraziare per il supporto, che speriamo di trovare anche nei lettori e nella città, perché ai ragazzi vogliamo far sperimentare un sacco di cose, ma abbiamo bisogno di forze.

Noi ci mettiamo l’entusiasmo e l’istinto del salmone e da oggi iniziamo a nuotare per risalire il fiume.