È stata festa, festa grande nonostante tutto per la Cremonese Primavera. Il finale di stagione non è stato perfetto come si sognava, a causa della sconfitta in finale di Supercoppa contro i pari età del Cesena, ma ciò che resta negli annali è che i ragazzi di Mister Elia Pavesi hanno dato vita ad una delle stagioni più memorabili della storia delle giovanili grigiorosse.
Dopo due anni dall’ultima volta, infatti, la città di Cremona è tornata a provare l’ebbrezza di una promozione diretta, in questo caso per merito dei suoi under che, dopo un campionato che ha sfiorato la perfezione statistica, torneranno dopo 19 anni a giocare tra i “grandi piccoli”.
Un campionato dominato dall’inizio alla fine, su ogni fronte possibile. Un risultato che, per certi versi, era inimmaginabile per lo stesso mister quando l’estate scorsa ha iniziato a lavorare con il gruppo: “Quando si comincia una stagione con una squadra Primavera parti con tanti punti di domanda, con un gruppo che il più delle volte deve essere assemblato… è un lavoro dove bisogna cucire. Se dicessi che dai primi giorni avevo capito che si poteva centrare una promozione sarei un bugiardo. La consapevolezza è venuta poco alla volta”, spiega Pavesi, “Fin da subito però abbiamo capito di avere per le mani un gruppo forte da un punto di vista dei valori, della coesione e dello spirito di sacrificio: la nostra prima esperienza è stato un torneo in cui abbiamo avuto la fortuna di stare due giorni insieme, un primo momento in cui il gruppo si è scoperto e si è compattato. È da lì che abbiamo capito che si poteva fare qualcosa di importante”.
Da subito la Cremonese ha dimostrato quali fossero le sue intenzioni, accennando ad una fuga sin dalla terza giornata di campionato, dopo essersi imposta su Como, Padova e Spal. maggiori rivali della giovane Cremonese sono stati proprio gli stessi concorrenti della prima squadra per la promozione in Serie A: squadre come il Parma ed il Venezia, ma anche e soprattutto l’Udinese, contro la quale è arrivata una delle vittorie che, come racconta lo stesso Mister, ha conferito grande consapevolezza nella squadra: ”Una partita molto importante è stata quella di Udine. Noi avevamo giocato quasi sempre con più o meno la stessa formazione di partenza, e invece con l’Udinese, che si pensava fosse una candidata per la vittoria del campionato, siamo arrivati un po’ rimaneggiati, ed invece lì il gruppo ha dato una risposta molto positiva. Quella è stata una partita che ci ha ulteriormente compattato e dato la percezione che, anche con qualche ragazzo che magari fin lì era stato utilizzato di meno, si poteva lottare.”
Uno dei protagonisti della stagione è stata la difesa a tre, la migliore del campionato, con i giovani Prendi, Duca, Triacca e Balasa che hanno saputo garantire una grande solidità, con sole 26 reti concesse. Il centrocampo è stato invece caratterizzato principalmente dagli esterni: Nahrudnyy, arrivato dalle giovanili del Milan, e Pessolani, dal Genoa.I loro inserimenti hanno saputo spesso offrire profondità alla manovra, portando numerosi palloni in area, da spingere semplicemente in rete. Ma il reparto che più di tutti ha avuto un impatto significativo è stato il tridente offensivo composto da Della Rovere, Gabbiani e Stuckler, quest’ultimo vincitore del premio di capocannoniere del campionato con 28 reti realizzate. Una particolare attenzione va prestata anche al classe 2007 Guido Della Rovere, definito dallo stesso Pavesi “un motivo di felicità e di orgoglio”, personale e societario, che è riuscito a trovare spazio anche in prima squadra, esordendo in serie B nell’ultima partita di campionato.
In una ipotetica classifica delle soddisfazioni personali, in quale posizione avrebbe messo il mister la vittoria del campionato e l’esordio di un suo ragazzo in serie A?
“Se devo fare una classifica, le metto sullo stesso livello perchè la richiesta della società è duplice: quella di cercare di far crescere questi ragazzi e, nella crescita, c’è anche l’importanza del risultato. Non bisogna poi dimenticare che il nostro ruolo è anche la valorizzazione dei giovani e cercare di avvicinarli quanto più possibile al mondo della nostra prima squadra ”.
Perché allora, abbiamo chiesto a mister Pavesi, l’Italia è molto più restia a dare ai giovani un ruolo importante in prima squadra, a differenza di quanto avviene in altri campionati europei?
“E’ un discorso molto ampio, bisognerebbe approfondirlo e sicuramente c’è qualcosa che non funziona da noi. Perché se negli altri paesi vediamo dei ragazzi giovani che non solo esordiscono, ma rimangono titolari molto prima, poi a livello di nazionali tante volte finiamo per incontrare dei ragazzi che magari sono giovani, ma che hanno già sulle spalle duecento partite, quando i nostri sono esordienti e hanno magari tre presenze da dieci minuti… sicuramente è un aspetto culturale, è un aspetto di come è strutturato lo sport in Italia, che andrebbe forse adeguato, modificato, anche se non è semplice. E poi ovviamente anche un discorso forse di coraggio che manca”.