
“Due in uno” rappresenta la duplicità dell’esistenza di un uomo distaccato, ma a tratti premuroso, padre di due donne divise da caratteri e visioni del mondo difficili da conciliare. È una piece che si inserisce in un contesto di forte tensione emotiva e riflessione sociale, mettendo in luce il conflitto generazionale e culturale che contraddistingue molte famiglie moderne.

Lo spettacolo è stato messo in scena per la prima volta il 17 settembre dello scorso anno al teatro Filo ma, visto il successo di pubblico e le richieste, regia e produzione hanno allestito una replica, andata in scena sabato 22 febbraio al teatro Monteverdi di Cremona. Anche in questo caso, come in occasione della premiere, il ricavato dello spettacolo è stato donato all’associazione “I Care, We Care”, che lotta contro gli stereotipi e i pregiudizi di genere, seme della violenza contro le donne. Un segnale che ribadisce come il teatro possa essere non solo strumento di intrattenimento, ma anche di sensibilizzazione e denuncia sociale.

La commedia, scritta da Chiara Ronda e diretta da Denise Valentino, racconta di una famiglia intricata, di due sorellastre (la stessa Ronda e Claudia Vicini) con un rapporto sospeso tra il ricordo e il presente: le due, rimaste bloccate nella camera ardente del padre, sono costrette a confrontarsi, utilizzando un linguaggio che più volte “strizza l’occhio allo spettatore”, suscitando una risata che nasce con facilità nel pubblico. Le loro conversazioni sfociano talvolta in discussioni accese e dinamiche, senza molte pause o silenzi che forse sarebbero stati necessari per lasciare spazio all’emotività e all’interpretazione dello spettatore.
L’esibizione tenta di offrire spunti di riflessione sulla vite di due donne che sembrano vivere in mondi opposti, una immersa nella sua carriera lavorativa e l’altra concentrata sulla cura della famiglia, ma che sono accomunate da un amore frammentato, dall’indipendenza emotiva e da un passato dalle sfumature simili. Entrambe le figure, sebbene apparentemente distanti, rappresentano due facce della stessa medaglia, testimoniando la complessità e le contraddizioni della condizione femminile contemporanea.


La sceneggiatura, ambientata in epoca contemporanea nel “paesino sperduto” in cui viveva il padre con la sorella maggiore, è sviluppata senza particolari o eccessive sovrastrutture registiche e cerca di allontanare la donna dai tipici cliché sulla maternità, la sessualità e la sua autonomia. La tendenza è quella di invertire lo stereotipo, facendo emergere una figura di uomo sconfitto, assente, di cui si può fare a meno.
Pur mostrando attenzione nella caratterizzazione emotiva dei personaggi, la storia presenta alcune piccole incongruenze narrative che, sebbene non compromettano l’efficacia complessiva dell’opera, avrebbero potuto essere limitate per una maggiore coerenza interna. Tuttavia, le imperfezioni non hanno intaccato il coinvolgimento del pubblico, che ha molto apprezzato l’interpretazione.

La platea, quasi interamente piena, ha accolto tra le risate questa rappresentazione dal fascino amatoriale nel senso più positivo e genuino, con una produzione che poggia saldamente sull’impegno e sulla passione, più che sull’esperienza degli interpreti: manifestazione di come il teatro possa essere una potente valvola di sfogo e un mezzo di comunicazione per chiunque abbia la voglia di mettersi in gioco. Il teatro continua ad essere un luogo di incontro e sperimentazione, capace di offrire non sono intrattenimento, ma anche connessioni, riflessioni e momenti di crescita collettiva.
