8 Novembre 2024
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di FRANCESCO GAMBA - Nei luoghi di re Leonida, leggendario eroe spartano nella tragica battaglia delle Termopili, ma anche di Fidippide (che però di chilometri ne fece "solo" 42), una falange di ultratleti ha corso la Spartathlon. Pochi di loro sono arrivati al traguardo: tra questi il cremonese Michele Scoglio, alla sua terza partecipazione. L'Ora Buca l'ha incontrato per parlare di corsa e vita.

La corsa? La consiglierei ai ragazzi perché è uno sport di libertà. Ad affermarlo, al termine del suo allenamento quotidiano, è Michele Scoglio, maratoneta cremonese classe ‘78 che alla fine dello scorso settembre ha partecipato alla quarantaduesima edizione della Spartathlon, una delle ultramaratone più difficili ed esclusive al mondo, il cui percorso, da svolgere entro un limite di 36 ore, ripercorre i 246 chilometri che separano Atene da Sparta.


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Per riuscire a sostenere una competizione così dura ed estenuante, gli atleti durante la gara si mantengono in forze consumando piccoli pasti ogni ora, mentre il sonno viene rimandato per più di un giorno e mezzo. Oltre ai fattori già citati, anche le alte temperature greche contribuiscono a rendere la corsa particolarmente ostile, tanto che tagliare il traguardo ogni anno riesce solamente a circa la metà dei partecipanti. “Personalmente io non penso al piazzamento, perché i primi arrivano molto prima di me”, ha raccontato Michele a L’Ora Buca, “Io penso solo ad arrivare al traguardo e va bene così, perché a questa competizione partecipano atleti d’elite da ogni parte del mondo”. Nonostante tutto Michele è riuscito a concludere la gara con il terzo miglior tempo fra i venti italiani partiti, raggiungendo la statua di re Leonida, che accoglie gli atleti all’arrivo, in 33 ore, 36 minuti e 46 secondi.

Michele Scoglio e il suo team sotto la statua del re spartano Leonida, eroe delle Termopili

Il viaggio di Scoglio in questo sport comincia nel 2015, dopo una giovinezza trascorsa tra i campi di pallone, e sempre a quell’anno risale l’incontro con il gruppo a cui è tuttora legato, la Compagnia Corridori Cremonesi (3C). La sua “crew”, il cerchio più ristretto delle persone che lo supportano, è composta dal caro amico Roberto Spotti, detto “Bobo”, dalla compagna Valentina, poi Carla e Luce, grandi amici, e Roberta.

Una sfida particolare che Michele ha fronteggiato nel corso della carriera, e con cui convive tuttora, è stata la diagnosi della celiachia, di cui lui però non fa una dramma. “Qualche anno fa ho scoperto di essere celiaco. Non ho fatto cambi drastici nella mia alimentazione, ora non mangio carne ma solo alimenti senza glutine, cerco di mangiare perché ne ho bisogno per avere energie”.

Quando non indossa le scarpe da corsa Michele Scoglio presta servizio come messo comunale a Persico Dosimo. Questo lavoro gli permette di riservare il tempo libero agli allenamenti, ma in ogni caso, come lui stesso puntualizza, “se hai una passione e puoi coltivarla, il tempo lo trovi”. La corsa è anche il tema che monopolizza le conversazioni tra amici, anche se purtroppo “chi non è interessato si scoccia”, ammette sorridendo.

Ho capito che la corsa poteva diventare una parte importante della mia quotidianità quando sono passato dalle maratone a gare più lunghe, perché richiedono più tempo per allenarsi e quindi diventa una parte importante all’interno della giornata”.  Le ultramaratone sono le competizioni che superano i 42 chilometri, che è invece la distanza standard delle tradizionali maratone. Michele ha tatuate su una gamba tutte le ultramaratone a cui ha partecipato: la Nove Colli, lungo l’appennino romagnolo, la Ultra Milano-Sanremo, la Race Across Apulia, che attraversa la Puglia, la Spartathlon, oltre alle due gare svolte in Francia, Les 24 Heures de l’Isère à Tullins e la Ultr’Ardèche.

La realtà di queste manifestazioni, a parte la soddisfazione al momento dell’arrivo al traguardo, è rappresentata soprattutto dal gran numero di chilometri percorsi. Se peschiamo dall’immaginario collettivo l’idea che si ha del maratoneta è proprio quella dell’uomo che corre su una strada deserta, sotto un sole cocente o la pioggia scrosciante, avvolto da un’aura di solitudine. Allo stesso tempo il team di un atleta, come confermato da Scoglio, rappresenta un punto di riferimento indispensabile per il corridore che svolge l’attività in prima persona. “Per me questo sport unisce due anime: è sia solitudine che condivisione. È bello stare insieme, ma tante volte è piacevole anche stare da soli”.

“Questo sport unisce due anime: è sia solitudine che condivisione”

Quando smette di correre un maratoneta? Quando arriva il momento in cui una persona cessa di svolgere l’attività che ha accompagnato una porzione così ampia della sua vita?
Non penso che smetterò mai di correre”, confida sorridendo Michele, “Quando non riuscirò più a correre, camminerò!”.