Dopo una stagione sottotono, conclusa nelle zone basse della classifica, l’Esperia ha voglia di rilanciarsi e per far questo ha scelto di puntare come guida tecnica su Andrea Fiorentini, ex allenatore del Torrazzo Malagnino. Classe ’93, l’ex biancoverde è all’esordio come allenatore di una prima squadra, dopo una decina di anni passati tra le giovanili di Sospirese, S. Ilario e Torrazzo.
Nelle ultime tre stagioni Fiorentini ha guidato la juniores regionale del Torrazzo, centrando salvezze tranquille e dimostrando di saper valorizzare il materiale umano e tecnico a sua disposizione, attraverso una proposta di gioco organizzata ed armonica. Il suo percorso ha raggiunto l’apice nell’ultima annata sportiva, quando la squadra ha raggiunto i play-off, superando le aspettative stagionali. Ora la sfida di allenare gli adulti: un cambiamento importante, anche per il diverso rapporto che si instaura con calciatori di età più matura
“Allenare una prima squadra significa prendere consapevolezza che ci siano diverse motivazioni rispetto ai ragazzi del settore giovanile: molti arrivano direttamente da lavoro, altri appena finito tornano dalla famiglia.
Inoltre allenare una prima squadra significa allenare un gruppo di persone con un range di età che va dai 18 anni ai 35 e quindi serve adattare modi e linguaggio alle varie età. Allenare nel settore giovanile mi ha dato tanto, i ragazzi se sei attento ti insegnano molto“.
Cosa ti ha convinto a sposare il progetto Esperia?
“L’Esperia è una società in forte crescita, ha uno dei migliori settori giovanili della città e una prima squadra con tanto potenziale. Credo proprio che il futuro non possa che essere roseo.“
L’inizio di quest’anno è stato buono, poi un calo nella seconda parte dell’andata: sono stati stabiliti degli obiettivi specifici insieme alla società, in questo senso?
“La società vorrebbe fare il salto di categoria. Io credo che obiettivi alti necessitino di tanto lavoro e pazienza, per ora serve tenere la testa bassa e allenarci bene.“
Se dovessi descrivere il gruppo squadra di quest’anno che parole useresti? Che tipologia di rapporto cerchi di instaurare con i giocatori che alleni? Credi che uno spogliatoio sereno e rilassato favorisca la resa della squadra, o sei più un sergente di ferro?
“Siamo nei dilettanti, essere sergente di ferro con gente che non viene retribuita e gioca per passione credo sia ridicolo. Il gruppo è meraviglioso e voglio fare in modo che resti tale. Il rapporto che instauro con la squadra parte dal presupposto che prima che giocatori io alleno persone, e sono sempre disponibile ad ascoltarli a 360 gradi sapendo che spesso la prestazione altro non è che riflesso di tanti elementi esterni. Questo negli anni mi ha portato a sviluppare rapporti che, pur mantenendo il rispetto dei ruoli, sono evoluti affermandosi anche fuori dalla sola esperienza calcistica.“
Sul piano tecnico-tattico che allenatore sei? Hai dei dogmi?
“No, nessun dogma. Mi piace dare una organizzazione difensiva, mentre in fase di possesso trasmettere principi che i giocatori possano utilizzare per dare spazio alla loro creatività. Il gioco lo fanno i giocatori. Se mi piace studiare e aggiornarmi? “Per migliorare serve umiltà e sentirsi sempre studenti. Quando uno si sente bravo smette di apprendere e quindi di migliorare. Ho fatto tanti corsi belli e importanti, quelli che mi hanno colpito maggiormente sono quelli con il Barcellona: hanno un modo di vedere il calcio che mi entusiasma”.
“Quest’anno siamo partiti molto bene rispetto agli anni passati, abbiamo cambiato quasi metà squadra ma il gruppo è eccellente, umile, con voglia di fare, ritengo che questo sia un nostro punto di forza.”, racconta il capitano gialloblu Hamza Bayberri, “Il mister ci ha portato la serenità in allenamento, oltre alla voglia di fare e di impegnarsi. Anche sul campo ora facciamo un gioco “moderno”, diversamente da come si fa di solito in terza categoria con tanti lanci lunghi. É un allenatore giovane e con tanta strada davanti, ma è anche una persona fantastica. Il rapporto che abbiamo con lui è veramente molto bello, infatti a volte dopo gli allenamenti o le partite ci fermiamo a casa di qualcuno, tutti insieme. Se qualcuno ha un problema sa che può parlare con il mister e che lui ascolterà, e questa non è una cosa scontata”.
Come la società, anche il 27enne capitano dell’Esperia guarda al salto di categoria: un traguardo che unirebbe obiettivi personali e di gruppo. “L’obiettivo della squadra è far bene, e cercare di giocarsela fino alla fine per salire di categoria, e lo considero anche un obiettivo personale. La promozione è un qualcosa che desidero da tanto, vorrei farlo con questa squadra perché gioco all’Esperia da tredici anni e spero tanto che questo sia l’anno buono”.