7 Dicembre 2024
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di MATILDE MAFFEZZONI - Parte oggi la nuova missione della OdV "Amici per il Centrafrica", che lo scorso mese ha proposto in San Pietro in Po una toccante mostra fotografica per far conoscere i suoi progetti e la realtà in cui opera.

L’occhio è il punto in cui si mescolano anima e corpo”, scriveva Chris Friedrich Hebbel, drammaturgo tedesco di metà ‘800. E tante volte da uno sguardo possiamo capire molte cose, come i dolori e i pericoli trascorsi. Di tanti sguardi, volti e occhi era composta l’esposizione “Gli occhi del Centrafrica“, allestita il 13 e 14 aprile nel refettorio della chiesa di San Pietro al Po. La mostra è nata da una collaborazione della OdV “Amici per il Centrafrica” con CrArT, CUAMM, e Fondazione Mediolanum ed è stata presentata e inaugurata da Pierpaolo Grisetti, presidente dell’associazione, dalla vicepresidente Cristina Ceresoli, e da, Marta Moretti, responsabile dei progetti per l’educazione.

L’allestimento ha mostrato ai tanti che l’hanno visitato nel fine settimana soprattutto primi piani in bianco e nero o a colori dei visi dei bambini, degli uomini e delle donne stampati su grandi pannelli. Per “portare un pezzo del Centrafrica qui attraverso i visi soprattutto di bambini”, ha spiegato Cristina Ceresoli nella partecipata inaugurazione. Il refettorio della Chiesa di San Pietro al Po ha offerto un ambiente molto singolare, ma allo stesso tempo adatto allo scopo di ospitare la mostra, articolata in una serie di pannelli disposti lungo le pareti per formare un percorso tra sguardi, ombre e luci.

“Gli occhi del Centrafrica” è nata da un primo viaggio fatto dall’associazione nel 2009 assieme a due fotografi amatoriali, Christian Gualandris e Carlo Rossi, che una volta tornati in Italia hanno selezionato alcune delle fotografie più belle e significative scattate, che sono state esposte nello stesso anno in un locale a Bergamo. Una volta stampate le fotografie, ingrandite e messe su pannelli, la mostra ha cominciato a muoversi per promuovere l’associazione e per parlare di Centrafrica, raccontarne le difficoltà, la fame che là molto spesso si soffre e la vita vessata dalle guerre. 

Marta Moretti, responsabile dei progetti educativi

“L’approccio di Amici per il Centrafrica non è un approccio dall’alto al basso, ma si basa tutto sulla condivisione, decidiamo insieme come muoverci”, ci ha raccontato la responsabile per la formazione Marta Moretti. “Per ogni azione dell’associazione vengono prima consultate le autorità locali, proprio per avere un approccio consapevole e non giudicante verso gli abitanti locali. È un paese con un grande potenziale e pieno di risorse: investire sull’educazione e formare gli insegnanti vuole dire investire sui bambini che potranno beneficiare di questo e generare sviluppo nel paese”, ha spiegato Moretti, che ha raccontato a “L’Ora Buca” tutti gli ambiti in cui si muove la Ong.

L’Associazione si muove innanzitutto su un fronte sanitario, con un ospedale pediatrico (gratuito fino ai 13 anni) che accoglie 100 bambini al giorno. Poi abbiamo una parte di educazione e formazione, sia nella capitale Bangui (dove ci sono diverse scuole dall’infanzia alla secondaria) che fuori dalla capitale, dove abbiamo delle scuole di formazione professionale, una per insegnanti e una scuola di moda in prototipia. Abbiamo poi altre attività importanti in altre parti del paese, perché quando si esce dalla capitale i bisogni aumentano ed è ancora più difficile rispondere. Abbiamo un dispensario nella zona dei pigmei, nella foresta pluviale, e una “scuola di coesione sociale” tra questa popolazione e altri gruppi etnici. Poi è stata creata una scuola di coesione sociale verso il Camerun, fra una minoranza etnica musulmana e le comunità cristiane. Lì abbiamo anche attivato un “progetto donne” per la produzione del sapone e invece per gli uomini un progetto legato all’allevamento. Ovviamente la donna  in questo contesto è un po’ più ai margini dal punto di vista economico: con questa produzione di saponi non alteriamo il suo ruolo all’interno del contesto, ma le diamo una funzione in più”.

E a proposito di donne, nella mostra era presente anche una sezione intitolata “Area donne”: un progetto condiviso tra Marta Moretti e Cristina Ceresoli, nato da ciò che hanno ritenuto necessario durante i loro viaggi: in un contesto così povero e poco educato le bambine e le donne rischiano di trovarsi in grande pericolo, tante si prostituiscono per sfuggire alla loro situazione. Il proposito del progetto, portato nella capitale Bangui e anche in posti più remoti, è quello di fare delle lezioni di educazione sessuale e educazione all’affettività nelle scuole per insegnare alle bambine a essere consapevoli del proprio corpo. 

Ed è proprio la formazione uno dei fronti principali su cui si muove “Amici per il Centrafrica”. Spiega la dott.ssa Moretti: “Ho ideato e seguo un progetto che si chiama “L’educazione motore dello sviluppo” che ha  uno dei focus principali proprio nella formazione degli insegnanti, perché ce ne sono pochissimi e alcuni di loro sono dei genitori che si improvvisano solo perché sanno qualche parola di francese. Lavoriamo insieme a loro, le formazioni in realtà sono degli atelier di lavoro per far sì che si promuovano conoscenze, competenze, non solo legate alle materie, ma anche che possano generare sviluppo: creare un ponte tra conoscenze e competenze da un lato e la realtà, il contesto dall’altro”.

La mostra “Gli occhi del Centrafrica” è stata anche l’occasione per sensibilizzare Cremona e i cremonesi sul bisogno di sostegno che ha l’Ong per portare avanti i suoi progetti.

Noi facciamo leva su progetti, bandi e fondi della cooperazione internazionale.”, ci ha spiegato la dottoressa Moretti, “Poi stiamo provando con delle fondazioni per la parte di educazione e informazione. Questo però non basta. Utilizziamo anche altri canali come il 5 per mille, che non costa niente ai cittadini, e poi lavoreremo anche sugli eventi. Siamo molto attenti alla gestione dei fondi e delle donazioni: il 92% di quello che riceviamo viene impiegato sul campo: ci sono tanti volontari che lavorano per noi e facciamo sì che tutti i costi non essenziali vengano tagliati, perché il beneficio delle donazioni arrivi davvero ai destinatari”.