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di BEATRICE FRAZZI - Tagliente, ironica, garbata nei toni ma ferma nei contenuti: la giornalista e scrittrice Raffaella Frullone ha presentato a Cremona il suo ultimo libro, una collezione di storie legate al neofemminismo e al ruolo della donna nella società. Partendo dalla grammatica fino ad arrivare (con un punto di vista diverso dalla narrazione più diffusa) a famiglia, realizzazione personale e a tanti altri temi che agitano la società.

«Non è un libro sul femminismo, ci terrei a precisare, ma sul neofemminismo, un qualcosa che penetra in tutti noi, volenti e nolenti. Ho voluto provare ad utilizzare il titolo “PresidentA anche no!” per rivolgermi a coloro che, in buona fede, utilizzano la “a” dei femminili, non grammaticalmente sbagliata, ma per essere forzatamente inclusivi. Ho voluto spiegare da dove nasce tutto questo e l’ho fatto con una serie di “storie dell’orrore”». Raffaella Frullone, giornalista bergamasca di TV2000 InBlu2000 e della testata “il Timone”, ha aperto così la presentazione della sua recente pubblicazione, che si è tenuta presso la libreria Logos a Cremona, accompagnata da Roberto Vincenti. 



Tredici capitoli, 150 pagine, “PresidentA anche no! – Resistere al fascino del neofemminismo” (il timone, 2024) racconta tante storie e riflette sulla società con un tono ironico e tagliente, con l’obiettivo di affrontare un argomento sicuramente spinoso e divisivo, talvolta eccessivo, anche all’interno dello stesso mondo femminile.

«Parliamo del fatto che io sono uomo e che tu sei donna, ma siamo capaci di esprimere cose ben più elevate, però di fatto hai scelto di scrivere di questo. Come mai?», è stato chiesto alla giornalista, che ha risposto: «Non avrei potuto scrivere di tematiche più alte. Ho scritto questo perché vi è un grande scollamento tra la narrazione di quando si parla di donne e l’effettiva realtà. Il rapporto tra uomo e donna è sempre letto in chiave di lotta e rivendicazione, sono come due fazioni viste come perennemente in guerra, e l’uomo è presentato come colui che schiaccia la donna, ma sinceramente a me non sembra». 

Una risposta da cui è emersa la voglia di fare chiarezza, di portare alla luce il fragile fulcro dell’aspra guerra che divide i due sessi, per cercare di sradicare convinzioni che, ormai, vengono quasi date per scontate. «Si parla spesso di sessismo e patriarcato, ma è effettivamente così? La Presidente del Consiglio in Italia, dell’Unione Europea, della Banca Centrale Europea, persino la quasi Presidente degli Stati Uniti sono tutte donne; il 55% delle matricole universitarie sono donne, il 60% di medici di base under cinquanta sono donne: non mi sembra che il racconto che viene fatto della società si colleghi con ciò che accade realmente». 



Il mondo mediatico prende parte attiva all’interno di questa propaganda “moderna”, rendendo la diffusione di qualsiasi opinione contraddittoria a portata di click e la persuasione di coloro che ne fanno un uso erroneo sempre più semplice e veloce. «Il sistema mediatico è un mostro tentacolare dai mille volti e a volte non ci facciamo caso: quando Chiara Ferragni nacque in una ricca cittadina nel 1987, le istanze del femminismo per l’aborto e diversi diritti erano già state vinte, ma ha deciso comunque di presentarsi a Sanremo con abiti “manifesto” in favore del suo account Instagram. Nata alla fine degli anni Ottanta, laureata in Bocconi e detentrice di un florido patrimonio economico…e ha bisogno di indossare un abito con scritto “Sentiti libera”?! Non si sente già libera forse? Per quale ragione esprimere questo messaggio?». 

Nel corso dell’incontro Frullone ha tratteggiato tante altre “storie dell’orrore”,  raccontate diffusamente nel suo libro o esposte durante la conferenza: genitori ricattati per permettere ai figli non ancora maggiorenni di cambiare sesso, donne che definiscono la fedeltà “la rovina della relazione coniugale” in difesa della famiglia senza legami di sangue e le contraddizioni più disparate nell’affrontare la quotidianità, come quella secondo cui Miss Italia è una modalità con la quale si oggettifica la donna poiché valutata solo per l’estetica, ma guadagnare su Onlyfans tramite la prostituzione digitale è diritto della donna stessa e frutto della propria autodeterminazione. 



La Schwa, simbolo da sempre utilizzato dai linguisti per indicare una vocale debole, oppure semplicemente l’assenza di questa, da alcuni viene ora inserita nelle parole per non violare la sensibilità di coloro che non si identificano in alcun sesso o per non lasciar troppo spazio ai termini generalmente utilizzati al maschile, infatti vi sono già podcast e libri che circolano sul mercato interamente scritti con questa “e rovesciata”. Un eccesso, secondo la scrittrice, e una  questione che ha destato reazioni immediate e paradossi: le Università di Foggia e Trento, ad esempio, hanno redatto dei testi tutti al femminile, poiché ritenevano che nonostante il messaggio contenuto nella “e rovesciata” fosse corretto, questa rovinasse la scorrevolezza della lettura. È effettivamente vero che le donne si sentono violate da un libro interamente al maschile? 

«Oggi parliamo di parità di genere, ma ormai non rientriamo più nel binarismo sessuale, anzi questo termine elimina la presenza di femminile e maschile. Quello in cui andremo a sfociare è un ambito in cui crediamo che non ci siano i sessi e che questi possano cambiare. Si parla di assegnazione del sesso, ma non funziona così. Forse le bugie dell’informazione e l’ipocrisia stanno mandando lentamente alla deriva l’ideale femminista e i suoi sostenitori».