smetto quando voglio immagine in evidenza
di MARAM DIEYE - Nemici della socialità e della percezione di sè, gli schermi di ogni device posso causare gravi danni alle persone che li usano. O meglio, che ne abusano, soprattutto in giovane età. Se ne è parlato in un'interessante conferenza organizzata dal Liceo Aselli con il Professor Roberto Marchesini.

Cosa accade al nostro cervello, alla nostra attenzione e alla nostra quotidianità quando trascorriamo ore davanti ad uno schermo, tra testi, video, messaggi e vocali? A questa domanda ha cercato di rispondere Roberto Marchesini, psicologo e psicoterapeuta, durante la conferenza del 15 maggio all’aula magna del Liceo Scientifico Aselli, organizzata in collaborazione con la rappresentante dei genitori Alessia Vallara e con l’associazione Prysma, presieduta dalla docente Paola Trombini, presente all’incontro anche col ruolo di moderatrice.

Presentando il suo libro Smetto quando voglio (IL TIMONE, 2024) Marchesini ha guidato studenti, insegnanti e genitori in una riflessione chiara e documentata sugli effetti dell’uso prolungato di schermi, mediante studi e analisi di ricercatori ed esperti. Non si è discusso di ciò che scorre sugli schermi, ma degli schermi stessi: del loro potere di plasmare e cambiare abitudini, pensieri e identità sia di bambini che di adulti. 

La copertina del libro di Roberto Marchesini “Smetto quando voglio” (Il Timone, 2024)

Lo strumento cambia le cose, indipendentemente da come lo usiamo”, ha dichiarato infatti l’autore, rifacendosi alla emblematica locuzione del sociologo canadese Marshall McLuhanil mezzo è il messaggio”. Sulla base degli studi di quest’ultimo, un altro sociologo, Neil Postman, indica come la chiave fondamentale e il fine degli strumenti attuali (riferendosi ai televisori) sia il raggiungimento del divertimento, approfondendo ulteriormente il tema. Tuttavia, durante la pandemia, gli schermi sono stati protagonisti della quotidianità dei ragazzi per un motivo ben diverso: l’impossibilità di frequentare la scuola in presenza ha comportato un aumento smodato dell’uso dei monitor da parte dei giovani. E cosa ha provocato questo?

Secondo la ricerca “L’impatto psicologico e comportamentale della pandemia covid sui bambini delle famiglie in Italia” dell’istituto Giannina Gaslini di Genova, il 65% e 75% rispettivamente dei bambini dai 6 anni in giù e dei giovani dai 6 ai 18 anni ha riscontrato sintomi di regressione (aumento dell’irritabilità, disturbi d’ansia e somatoformi): “Io questi effetti li avevo già visti da qualche parte”, asserisce Marchesini, “sono gli effetti dell’uso prolungato di schermi”. 

Il nostro corpo, dichiara infatti l’autore, è impostato in modo tale da attivarsi e disattivarsi in base all’intensità e alla frequenza della luce solare, ma l’esposizione ad immagini veloci, a colori saturi e luci forti al mattino e alla sera incidono sul corretto funzionamento del nostro sistema: la qualità del sonno peggiora, le prestazioni durante le ore diurne calano. “L’esito di questa lezione, io lo leggo già come l’effetto degli schermi, perché non andando a scuola, non facendo attività sportiva, non vivendo all’aria aperta, non vivendo le relazioni, i ragazzi sono stati costretti a starli davanti per tantissime ore”.

Un evidente effetto di questa prolungata esposizione è spesso la dipendenza vera e propria: “Capire se una persona ha una dipendenza è molto semplice. Basta chiedergli liberamente e volontariamente di rinunciare a quella cosa. Se sei libero, non sei dipendente” spiega lo psicologo. 

Uno studio giapponese effettuato dai ricercatori dell’Università di Tohoku, ha analizzato la risposta di migliaia di bambini dai 2 ai 4 anni d’età ad un uso prolungato di schermi: “Hanno trovato una difficoltà di comunicazione nei bambini di 2 anni (rispetto alla popolazione generale della loro età) del 61% tra quelli che avevano usato il telefono da 1 a 2 ore al giorno, del 104% da 2 a 4 ore e, sopra le 4 ore, del 378%. Se questi bambini usavano, a un anno, lo smartphone per più di 4 ore, avevano problemi nelle abilità motorie fino al 74% in più rispetto alla popolazione”.

Il documento pubblicato dal Senato della Repubblica relativo all’impatto del digitale

Marchesini ha inoltre menzionato un documento pubblicato nel 2021 dal Senato della Repubblica che riporta come ci siano, legati ad un’eccessiva esposizione agli schermi, “danni fisici: miopia, obesità, ipertensione disturbi muscolo-scheletrici, e ci sono danni psicologici: dipendenza, alienazione, depressione irritabilità, aggressività, insonnia, insoddisfazione, diminuzione dell’empatia […]. La perdita della capacità di concentrazione, memoria, spirito critico, adattabilità, capacità dialettica sono gli effetti che l’uso, che nella maggior parte dei casi non può che degenerare in abuso, di smartphone e videogiochi produce nei giovani. Niente di diverso dalla cocaina. Stesse identiche implicazioni chimiche, neurologiche, biologiche e psicologiche”.

Proprio a questo proposito, molti paesi hanno fatto dei passi indietro: in Svezia e in Australia, per esempio, nel 2023 si è optato di tornare al metodo tradizionale: carta e penna durante le lezioni e gli esami. “Un conto è prendere la penna e scrivere in modo leggibile, un conto è cliccare su dei tasti con velocità, dal punto di vista motorio sono due cose molto diverse”, ha commentato l’autore.  E la problematica non riguarda solo il punto di vista cognitivo, ma si estende anche alla sfera sociale: “Nel mio studio incontro sempre più ragazzi sotto i 30 anni senza amici, ma l’amicizia è una grande risorsa. Per me è una sorpresa che molte persone, forse la maggior parte dei più giovani, oggi vivano senza amicizie. In un mondo senza digitalizzazione, senza cellulari o televisori, la quantità e la qualità delle informazioni che si avevano dipendevano dalle relazioni che si avevano: oggi, da questo punto di vista, le relazioni sono inutili

“In un mondo senza digitalizzazione, senza cellulari o televisori, la quantità e la qualità delle informazioni che si avevano dipendevano dalle relazioni che si avevano: oggi, da questo punto di vista, le relazioni sono inutili

Oltre ad esporre le criticità però, Marchesini ha riportato  anche delle “soluzioni”, delle direttive che altri esperti hanno individuato. In “Il cretino digitale” (Rizzoli, 2020), il ricercatore francese Michel Desmurget stila infatti 7 regole per contrastare la problematica digitale: zero ore di esposizione agli schermi sotto i 6 anni, dopo questa età un’ora al massimo, nessun dispositivo tecnologico in camera da letto, nessun contenuto inadatto, nessuno strumento tecnologico prima di andare a scuola, nessuno strumento tecnologico prima di andare a letto, una cosa alla volta.

Un momento della conferenza del 15 maggio al Liceo Aselli con il Prpf. Marchesini

Sull’ultimo punto Marchesini si è soffermato particolarmente, riportando diversi esempi: “Oggi c’è un po’ il dibattito sulla musica contemporanea e una cosa è obiettiva: nella musica d’oggi sono sparite le introduzioni e gli assoli di chitarra. Sapete perché? Perché la musica adesso si sente e non si ascolta, è un sottofondo, nessuno si mette nella propria stanza per 40 minuti ad ascoltare un disco, sentiamo musica mentre facciamo altro. Molti ragazzi poi guardano le serie tv di 30, 40, 45 minuti a velocità aumentata perché si annoianoSe sono in presenza di un’altra persona, do attenzione a quella persona e mi godo la sua presenza”.

Il pedagogista francese Serge Tisseron in aggiunta a ciò pone l’accento sul fatto che “spesso i genitori trattano i piccoli come se fossero nani”, dimenticando che sono veri e propri bambini, naturalmente limitati cognitivamente; a questo proposito dunque, lo studioso propone e consiglia un’educazione che sia in sintonia con lo sviluppo cognitivo dei bambini. La responsabilità di questi tuttavia rimane sempre e soltanto dei genitori, spiega Marchesini “Uno dei problemi dell’educazione familiare attuale è la delega: i genitori sono terrorizzati all’idea di prendersi la responsabilità e degli errori che possono fare. Si delega la responsabilità ai nonni, agli insegnanti, agli esperti, ai figli, erroneamente”.

L’andamento dell’indice di quoziente intellettivo globale dagli anni ‘60 agli anni ‘90

In conformità con tutte le fonti citate, come effetto principale e eclatante dell’uso prolungato di dispositivi tecnologici si può notare una diminuzione, nei decenni, dell’indice di sviluppo cognitivo globale. Lo psicologo James R. Flynn aveva infatti notato che ogni generazione, dagli anni ‘50 all’inizio degli anni ‘90 del secolo scorso, aveva una media di quoziente intellettivo maggiore rispetto alla generazione precedente, ma negli ultimi anni si è invece sviluppato il cosiddetto effetto Flynn inverso, ovvero la graduale diminuzione del tasso di quoziente intellettivo, dagli anni ‘90 ad oggi, tra le nuove generazioni. “A me viene in mente che proprio in quegli anni si è diffusa la tecnologia digitale”, commenta Marchesini, percependo quindi un legame tra il fenomeno e l’uso degli schermi. Pertanto, lo psicoanalista ha notato come la tecnologia negli anni abbia contribuito a problematiche cognitive, comportamentali, sociali e fisiche, soprattutto nelle fasce più giovani della popolazione; le analisi e i dati presentati dallo stesso hanno permesso ai genitori, insegnanti e studenti di acquisire maggiore consapevolezza sulle trasformazioni e sui cambiamenti relativi allo sviluppo tecnologico attuale.