
L’articolo fa parte di una mini-inchiesta de L’Ora Buca sull’emergenza api e sulla crisi dell’apicoltura insieme a «Ambiente ed economia: il mondo deve fare i conti con le api» di Carlo Alberto Chiavegato.
“Come l’ape raccoglie il succo dei fiori senza danneggiarne colore e profumo, così il saggio dimori nel mondo”. Già nell’antichità Buddha aveva visto nell’ape la capacità innata di rispettare la realtà che la circonda e di contribuire alla conservazione della natura, indicandola come esempio virtuoso nella sua filosofia. L’uomo dovrebbe apprendere da questo animale le medesime competenze che lo contraddistinguono, prima che scompaia per sempre dal nostro pianeta. È sempre più pressante infatti l’emergenza estinzioni delle api che sta colpendo il territorio cremonese, e non solo, da oramai vent’anni.

“È un problema non indifferente che ci preoccupa da due decenni: noi apicoltori, essendo in prima linea, siamo stati i primi a denunciarlo.” riporta Esterina Mariotti, la presidente dell’Associazione Produttori Apistici Cremonesi e titolare dell’azienda Apiflor a Pescarolo ed Uniti, che ha iniziato a coltivare questa passione quarant’anni fa: un’eredità del padre e che ora sta proseguendo anche la figlia della titolare. “Senza apicoltori, sia hobbysti che professionisti, che se ne prendono cura, non ci sarebbero più api”.

La progressiva scomparsa delle api, a cui il calo del raccolto è collegato, è dovuta “a diversi fattori critici nella vita dell’alveare: avversità esterne, come l’inquinamento, trattamenti tossici e cambiamenti climatici (ad esempio la siccità che ha causato il rallentamento dello scorso raccolto e l’eccesso di acqua sulle piante in fiore) e fattori interni, come altri insetti o acari che influenzano negativamente la salute delle api”. E cosa potrebbe accadere nei prossimi anni? Gli esperti riescono a “combattere” i fattori interni all’alveare (come l’acaro varroa, che si inserisce sotto le ali delle api e succhia il loro sangue), ma non possono, ovviamente, monitorare le avversità esterne, come il clima e l’avvelenamento atmosferico.

Le api sono essenziali per il nostro ecosistema non solo per la produzione di miele, ma anche perché garantiscono l’impollinazione della frutta e della verdura, diminuita molto negli ultimi anni a causa della crisi, della moria degli alveari e degli apicoltori che, diventando anziani, lasciano l’attività. L’apicoltrice ha riportato ulteriori dati che fanno riflettere: “Il miele che quarant’anni fa veniva prodotto da sessanta alveari è quello fatto oggi da circa trecento alveari. Inoltre uno studio dell’Istituto Nazionale di Apicoltura (CRA-API) ha riportato che un solo alveare rende circa 150 euro a stagione mentre il fattore di impollinazione, che porta alla produzione di frutta e verdura, raggiunge anche i 1.200 euro”.

Per portare avanti l’attività di famiglia, la presidentessa degli apicoltori cremonesi ha ideato un metodo di apicoltura a tutto tondo: produce non solo miele, ma anche prodotti apistici (come polline, pappa reale, propoli e prodotti derivati dal miele, lavorati in erboristeria) e ha inoltre aperto una fattoria didattica, in cui “vengono le scuole, i gruppi a cui facciamo vedere la vita delle api, spieghiamo la loro importanza e facciamo assaggiare i nostri prodotti apistici”: tutte attività che, in risposta alla mancata produzione di miele dell’anno precedente, consentono di sostenere e tramandare questa affascinante passione anche ai più piccoli.
