technology-car-automobile-driving-transportation-environment-604185-pxhere.com
di CARLO ALBERTO CHIAVEGATO - Una strategia politica sulla carta rivolta all'ambiente, ma nella pratica penalizzante per l'industria e l'economia europea: il Green Deal voluto dalla precedente Commissione ha messo in crisi il settore automotive tradizionale, ma sul mercato le auto elettriche ancora stentano ad affermarsi. Siamo andati a indagare il fenomeno attraverso dati e testimonianze di imprenditori cremonesi.

Poche ore dopo l’elezione, Donald Trump aveva subito chiarito la sua politica per il mercato delle auto: “Negli USA potrete comprare l’auto che volete”. Una follia, per quelli che vorrebbero l’auto elettrica per tutti, per altri invece la norma, legata semplicemente al libero mercato. Ma se questo è ciò che succede negli Stati Uniti, com’è invece la situazione in Europa? Quali sono state le decisioni della Commissione? Ma soprattutto, l’auto elettrica sta avendo il successo sperato? L’Ora Buca ha cercato di analizzare, attraverso dati ed interviste ad alcune concessionarie cremonesi, il successo dell’elettrico in Italia e la sua sostenibilità.



Il Green Deal europeo è la nostra visione per un continente climaticamente neutro entro il 2050 e una tabella di marcia dedicata a questo obiettivo”: così la Presidente della commissione europea Ursula Von Der Leyen ha annunciato il Green Deal nel 2019 e sottolineato l’importanza del contrasto alle emissioni di CO2 entro il 2050 attraverso regolamentazioni e divieti. Il più famoso  è quello alla produzione di auto a combustione a partire dal 2035, contestato ripetutamente in diverse sedi, ma che non sembra essere al momento messo in discussione. 

La spinta per l’elettrico è elevata perché l’Europa impone delle percentuali di inquinamento: tot CO2 fino al 2024, e poi dal 2025 la soglia si abbasserà ancora”, spiega Massimo De Lorenzi, titolare insieme al fratello Cesare dell’omonima concessionaria, “Se le case automobilistiche non rispettano questi standard subiranno multe salatissime, dunque riversano la loro preoccupazione anche su noi che vendiamo le auto”. Una politica molto dura da parte dell’Unione Europea, nei confronti dei produttori di automobili, che ha già bruciato migliaia di posti di lavoro: solo in Italia infatti il Global Automotive Outlook di AlixPartners stima fino a 40mila licenziamenti entro il 2030 a causa della transizione in qualche modo forzata all’elettrico. Ma tutto ciò a quale prezzo? Ne vale davvero la pena?

La CO2 è una molecola alla base della vita, la sua presenza significa potenziale aumento della biodiversità, di conseguenza maggiore produzione di cibo, specialmente per le nazioni più povere, cioè più foreste e aria ricca di ossigeno. Tutte le piante dipendono dalla CO2 per la sopravvivenza, che ora si attesta a circa 420 ppm (parti per milione) e la temperatura media invece a 15°C: basti pensare che, come sostenuto tra l’altro da un articolo dell’Accademia dei Georgofili e da alcune ricerche della CO2 Coalition, sotto 150 ppm la vita e tutta la vegetazione sul pianeta scomparirebbero; al contrario con un aumento di alcune ppm si verificherebbe un aumento della produzione agricola, e dunque una riduzione della povertà globale.

“L’anidride carbonica è cibo per le piante, se non ci fosse, non potrebbe esistere la vita vegetale. Siccome la vita animale viene dopo quella vegetale, senza anidride carbonica non potremmo essere qui a discuterne. È vero che essa produce l’effetto serra. Ma senza questo effetto la temperatura media su questo satellite del Sole sarebbe 18 gradi sotto zero”, ha spiegato il celebre fisico italiano Antonino Zichichi. “Le attività che producono inquinamento debbono essere combattute con rigore; non legandole alle variazioni climatiche, in quanto il legame è lungi dal potere essere stabilito. Spendere miliardi di euro sulla base di modelli matematici con decine di parametri liberi è privo di senso”. Le affermazioni del professore siciliano, contestate da altri studiosi, sembrano però confermare i dubbi intorno ad alcuni dei modelli climatici dell’IPCC (The Intergovernmental Panel on Climate Change, il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico), che non terrebbero in considerazione diverse variabili come il sole, le eruzioni vulcaniche, i terremoti e molto altro.

E voci critiche alla narrazione più diffusa arrivano anche dalla rete, come ad esempio nei tweet di Fortunato Nardelli, ingegnere celebre ormai per il suo account X, quando afferma in un recente post “Più CO2 più crescono piante, i deserti si restringono e i raccolti aumentano. I fatti lo dimostrano incontestabilmente. Quindi ora dovremmo ridurre la CO2 per salvare i deserti e far morire di fame gli esseri umani?

Intorno all’auto elettrica ci sono poi altri nodi, tra economia e ambiente. L’estrazione del litio (materiale con cui si fanno le batterie delle macchine elettriche) produce anch’essa CO2, dalle 5 alle 15 tonnellate per singola tonnellata di litio estratto, spiega il sito Orizzonti Politici. Inoltre, denuncia Amnesty International, nelle miniere di cobalto (altro materiale fondamentale nell’auto elettrica) vengono spesso impiegati i bambini perché gli unici idonei a incunearsi negli stretti cunicoli scavati nella roccia per via delle loro dimensioni ridotte. 

Bambini a lavoro nelle miniere nella Repubblica Democratica del Congo

“Un paradosso, perciò,” ci ricorda La Repubblica “può sorgere tra auto elettriche “pulite” e miniere di litio “sporche”: è vero che la nostra auto elettrica favorisce la riduzione delle emissioni di anidride carbonica ma ciò è vero se non consideriamo il costo delle emissioni associato all’estrazione del litio. Tuttavia, aggiungendo questo termine all’equazione, la vettura potrebbe non essere così efficiente come crediamo, soprattutto quando i minatori non utilizzano energia pulita. Per dare un’idea di questo effetto, la produzione di una batteria del peso di 500 kg emette oltre il 70% in più di anidride carbonica rispetto a un’auto tradizionale in Germania. L’estrazione del litio, inoltre, richiede molta acqua. Per estrarre una tonnellata di litio, per esempio, sono necessari circa 500.000 litri d’acqua, con l’inquinamento dei bacini e i problemi di salute correlati”.

Ma quindi chi compra la macchina elettrica? “Tolte rarissime eccezioni di percorrenze elevate, solitamente il cliente tipo è la grossa fetta dell’utilizzatore italiano medio di auto. L’auto elettrica nasce per percorsi e tratte brevi, dunque persone che fanno sotto i 15/20mila chilometri annui. Poi mediamente si tratta di un cliente attento anche all’aspetto ecologico, direi che ha un’anima green”, spiega Alessandro Albero, responsabile commerciale della sede Volkswagen del Gruppo Bossoni. Ma quindi quali sono i vantaggi?

Alessandro Albero, della concessionaria Bossoni

“Spesso capitano clienti che sono già attrezzati di colonnine a casa o in azienda, le quali possono utilizzare e che forniscono il grosso vantaggio di non perdere tempo col viaggio dal benzinaio, per esempio”, spiega Albero. Il fattore temporale e anche il costo della ricarica sono altri aspetti positivi dell’elettrico. Ad esempio, in media fare 100 km con un’auto a gasolio costa circa 10€ (per ulteriori calcoli aggiornati clicca qua), a benzina qualche euro in più, e invece con la macchina elettrica la stessa distanza circa 8€ (con stima di circa 13,5kW per 100km, ad un prezzo di circa 0,60€ al kW, fonte Sorgenia). L’unico problema che si pone è che però nel 2035 le auto elettriche saranno molte di più e per il 2050, secondo l’UE, saranno tutte così: sarà ancora economico quando tutti ce l’avranno? Un’incognita che si lega alla produzione di energia elettrica, che il “green” sta spostando sempre più verso eolico e solare, puliti ma meno efficienti rispetto ad altre fonti.

Sul fronte delle vendite “in ambito elettrico diciamo che lo stock è limitato però una percentuale comunque bassa, circa 1-2% il mercato effettivo”, quantifica De Lorenzi, “In quello dichiarato, che è circa un 4% del circolante, in realtà ci sono una parte di vetture targate autoimmatricolate dalle concessionarie su pressione appunto delle case madri, numeri che servono per raggiungere i target che l’UE ci chiede. Quindi in realtà è un mercato ancora molto ristretto: sarà probabilmente in espansione, ma è ancora molto ristretto”. Considerazioni, quelle dell’imprenditore cremonese, che trovano riscontro nei dati riportati dall’ANSA “Le auto elettriche immatricolate nel 2024 si fermano a 64.983 unità, il 2% in meno rispetto al 2023, con una quota di mercato stabile al 4,2%, a fronte di un mercato che auto italiano che chiude l’anno con 1.563.682 unità immatricolate, in calo dello 0,5% rispetto al 2023”.

In sintesi, le auto elettriche rappresentano un cambiamento nel settore automobilistico, ma non sono prive di limiti. Costi elevati, infrastrutture inadeguate e produzione impattante sembrano ridimensionarne i vantaggi ambientali. Se e quando diventeranno davvero sostenibili, resta una domanda aperta. Per ora, il futuro dell’auto è tutt’altro che deciso.