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di BEATRICE FRAZZI - Negli scaffali delle librerie è relegata in un angolo. A scuola la si insegna, ma è difficile che arrivi al cuore dei ragazzi, che la sentono "antica" e lontana. Eppure la poesia è espressione della più profonda umanità: Luisa Trimarchi la insegna e la crea e ha raccontato a L'Ora Buca la sua passione per il verso.

In una realtà dove lo scopo è correre dissennatamente alla ricerca di un posto nella società, la bellezza del culto “dell’inutile” sta scomparendo, insieme alla sua capacità di trasportare la mente umana in una dimensione salvifica. Luisa Trimarchi, docente e scrittrice, mostra tramite la sua storia non solo l’immenso valore della scrittura e della letteratura, ma anche delle penne che le originano.



Mi sono laureata in Lettere alla Sapienza di Roma con Bianca Maria Frabotta (poetessa e saggista italiana), che mi ha guidata nei meandri della mia passione”, racconta a L’Ora Buca la professoressa, vincitrice all’età di 25 anni di un concorso in dogana, che la costrinse ad abbandonare la labirintica capitale e farsi strada nella fitta nebbia di Cremona, dove oggi lavora come docente all’Istituto Torriani.

La prof.ssa Trimarchi nella redazione de “L’Ora Buca”

Il suo sogno è sempre stato insegnare, oltre che condividere i suoi pensieri: “Mettere a nudo se stessi non è facile, ho avuto bisogno di tempo per prendere consapevolezza dell’ambiente in cui mi trovavo, ma soprattutto per smitizzare la visione fornita dalla mia preparazione classica”.  Luisa Trimarchi ha sempre avuto la poesia nell’animo: è cresciuta circondata da compagni di giochi diversi dagli altri, fatti di carta e intrisi di inchiostro, con copertine colorate e tante storie da raccontare. L’amore per il testo poetico vero e proprio è nato intorno ai vent’anni, dopo aver compreso che lo studio e la riflessione erano la sua strada, grazie al “Circolo dei poeti estinti”, riunioni tra giovani universitari nelle quali ognuno scriveva poesie e le recitava al pubblico: “Avevo timore di espormi, avevo comunque a che fare con talenti di rilievo, ma devo dire che mi è servito respirare la loro stessa aria e cimentarmi in un qualcosa all’attimo fuggente”.

La poesia è immortale, un’arte che dura nel tempo e fermenta anno dopo anno nei cuori di chi la coltiva, divenendo sempre più consistente e profonda, e per questo non si limita soltanto a quella che si studia a scuola o che si trova nei piccoli scomparti delle librerie: è un mondo eterno e sconosciuto, ricco di innovazione e progresso, che purtroppo è ridotto al minimo agli occhi dei giovani. “La poesia non ha mercato e, come ogni cosa che non ce l’ha, manca anche di distribuzione. Quando un testo non è supportato da parte delle grandi case editrici non ha pubblico e si va così a dar poco peso al percorso che c’è dietro. Forse dovrebbe essere la scuola a spingere la poesia“, prosegue la docente, “Ma la scuola non può farsi carico anche di questo. Io credo che si debba continuare a parlare di poesia e per questo vado nelle scuole, parlo, leggo…quando mi chiamano, vado. Credo che ognuno debba trovare la propria voce ed è qualcosa che forse non si può trovare da giovanissimi, però bisogna cominciare: la poesia è una delle poche arti che ti permette di migliorare con l’età: bisogna mettersi alla prova e crederci, credere un po’ in se stessi, sentire dentro che c’è qualcosa che tu vuoi dire al mondo e che lo puoi dire solo tu”.

La poesia è una delle poche arti che ti permette di migliorare con l’età: bisogna crederci, sentire dentro che c’è qualcosa che tu vuoi dire al mondo e che lo puoi dire solo tu

La professoressa giustifica così la scarsa fama della poesia moderna e della cultura in generale che, a differenza di ogni altra attività nella società odierna, non deve preparare all’ingresso nel mondo reale, ma rafforzare la nostra percezione cognitiva tramite un esercizio di fatica e ricerca. Gli anni del liceo sono colmi di apparenti “vanità”, che arricchiscono l’anima e ti consentono di avere uno spirito critico fondato sul passato e adattabile al presente.

E riguardo ai suoi scritti? Luisa Trimarchi ha pubblicato tre raccolte di liriche: e se la firma è sempre la stessa, la persona che stringe la penna è diversa di volume in volume: “Il primo libro è il primo libro, rileggere “I versi della dimenticanza” mi fa capire quanto io sia cresciuta; “Le stanze vuote” sono il testo più puro, in cui ho scarnificato il verso, mentre “La bambina infranta” è il percorso più complesso che ho compiuto, comprende la storia di più persone, ho unito i versi ai disegniè un progetto: rispecchia la mia idea di arte, non solo la mia voce e la mia parola, ma tante persone che hanno contribuito. Ma la raccolta a cui in assoluto sono più legata è quella che verrà, perché nel momento in cui pubblichi, un libro va via, diventa degli altri e un po’ meno tuo”. 

Luisa Trimarchi lancia un consiglio spassionato che le ha consentito negli anni di lavorare su se stessa e sui suoi progetti: oltre a necessitare di un pizzico di talento e di tanta fiducia, un vero poeta deve sentirsi in dovere di raccontare al mondo ciò che solo lui sa di poter dire, senza timore delle critiche. “Io ho sempre nutrito tanta ‘poesia’ rispetto alla poesia, avevo forse delle illusioni: nel tempo ho dovuto un po’ smitizzare queste aspettative, perché come ogni ambiente anche quello della poesia ha tante cose di valore, ma è composta da esseri umani. Rendere più ‘reale’ il mondo della poesia e della letteratura mi ha permesso di non sentirmi più così in difficoltà a muovermi al suo interno. Credo oggi di essermi conquistata il mio piccolo spazio: in fondo non faccio male a questo mondo con le mie parole, anzi credo di fare qualche volta del bene con quello che scrivo”.

Bibliografia di LUISA TRIMARCHI

Versi della dimenticanza – Transeuropa, 2021

Le stanze vuote – Controluna, 2022

Storia della bambina infranta. Dialoghi nudi – Collezione Letteraria, 2023