7 Dicembre 2024
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di MICHELE IONDINI - L'Ora Buca inaugura "Dilettante a chi?!", una nuova rubrica dedicata al calcio dilettanti della provincia di Cremona. Primo ospite il mister della Sported Matteo Borghetti, per fare un bilancio dell'ottimo esordio (suo e dei biancoverdi) in Promozione

Una promessa del vivaio grigiorosso, poi il breve salto nel professionismo, infine bandiera della Soresinese: la carriera di Matteo Borghetti da calciatore ruota intorno a tre capitoli principali. Quella da allenatore è invece ancora alle prime pagine, ma l’ultima scritta è di quelle storiche: la Sported di Borghetti ha disputato il suo primo campionato di Promozione, esordio assoluto per una squadra cittadina e per lo stesso allenatore con una squadra “senior”. Borghetti,, classe 1980, ha trascorso con la società del Maristella gran parte della sua giovane carriera da allenatore, iniziata con gli esordienti del Castelverde e proseguita con i biancoverdi dopo il conseguimento del corso Uefa B. Dopo una parentesi a Pavone Mella, ha accettato la chiamata alla guida della prima squadra del Maris,. L’ottimo 5° posto raggiunto da neopromossi, sebbene non sia valso i playoff a causa del distacco dalla seconda, lascia ben sperare per il futuro del club.

In estate vi davano come una candidata alla retrocessione, invece quella della Sported è stata una stagione incredibile. Che voto dai a te stesso e alla squadra, entrambi esordienti nella categoria?

«Alla squadra do sicuramente un voto alto, un 8 almeno. Sto un po’ più basso con me, perché credo fortemente che il mio lavoro sia importante, ma dipenda anche dalla disponibilità dei giocatori. Mi do un 7 con la voglia e la costanza per migliorarmi».

Il segreto, se ce n’è uno, di questa ottima annata?

«Il segreto è stato il non farsi condizionare. Siamo riusciti a pensare soltanto alle nostre caratteristiche e a migliorare, sia a livello di gruppo che di singolo, senza badare a discorsi di categorie. A volte il condizionamento fa diventare storta una stagione che non lo è e viceversa».

Molte vittorie sono passate per i gol di bomber Rabaglio, autore di quasi il 50% delle reti della squadra, ma anche da una difesa che per lunghi tratti del campionato è stata praticamente impermeabile.

«Assolutamente vero. Denis è la nostra punta di diamante, il nostro finalizzatore. Ma anche la difesa è stata la migliore del campionato fino a poche giornate dalla fine. Probabilmente però è l’atteggiamento della squadra, molto tignoso, concentrato e attento ai dettagli, a fare la differenza. Magari non eravamo spettacolari nel gioco, ma l’essere molto attenti ad ogni sfumatura ci ha permesso di avere quel rendimento in difesa e di aiutare Denis a fare il suo lavoro».

Nonostante l’annata esaltante resta il rammarico per il mancato accesso ai playoff. Pensi che avreste potuto essere una mina vagante anche in post season?

«Sicuramente sì, anche perché durante la stagione abbiamo giocato alla pari contro le squadre poi andate ai playoff. Non c’è però rammarico perché credo che alla fine il campo esprima sempre i giusti valori. C’è la regola della forbice di punti, se arrivi molto lontano dalla seconda significa che non sei stato abbastanza bravo. Il risultato va accettato con umiltà, cercando di capire perché non siamo arrivati più in alto, ma anche perché siamo arrivati così in alto».

Prima esperienza con gli adulti, cosa ti porti dietro dalle esperienze nelle giovanili visto la bassa età media della rosa?

«Mi porto davvero tantissimo. Si impara sempre qualcosa, e quello che ho imparato quest’anno è che se non avessi voluto fare il percorso nelle giovanili mi sarei trovato più in difficoltà con gli adulti. Se vivi appieno le tue esperienze, riesci a cogliere delle sfumature che poi ti aiutano in futuro. È stato un processo in realtà naturale, ho sempre avuto predisposizione alla leadership, ma senza le giovanili la gestione emotiva, caratteriale e dei rapporti interpersonali non sarebbe stata la stessa. D’altronde un adulto è pur sempre un ragazzino dentro quando esprime le sue passioni, per cui toccare le corde giuste con facilità aiuta».

La stagione appena conclusa mette sicuramente buone basi per il futuro. Qualche indizio in questo senso? Parlaci dei tuoi prossimi obiettivi personali oltre a quelli di squadra.

«I miei obiettivi personali vanno a braccetto con la Sported, è una società che ho in un certo senso “sposato”. Ho sempre detto ai ragazzi che io di obiettivi non ne pongo, quello della società è di confermarsi e stabilizzare mentalità e organizzazione che ci permettono di stare in Promozione. La Sported deve restarci ad ogni costo, anche per il bene del movimento calcistico cremonese in generale. Per me e i giocatori, l’obiettivo è ottenere la consapevolezza di essere all’altezza della categoria. Vogliamo confermarci su questi livelli di gioco. Se verrà un’altra stagione positiva, vorrà dire che avremo fatto il nostro meglio, ma in ogni caso giocheremo per vincere sempre: il calcio è fatto così».